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Intervista a Paolo Arigotti


Abbiamo incontrato Paolo Arigotti alla presentazione del suo libro “Sorelle molto speciali” edito da Link Edizioni tenuta a Cagliari sabato 2 marzo 2019, ne abbiamo approfittato per fargli alcune domande.


D - Tra le sue tante passioni, c’è la storia, questo suo secondo romanzo lo possiamo definire un romanzo storico, una storia che ci tocca da vicino, e che ancora in un certo senso non ci abbandona; è stato sicuramente difficile ambientare la storia durante la Seconda guerra mondiale, quali accortezze bisogna prendere per scrivere di un periodo che non si è vissuto?


R - La passione per la storia, in special modo quella contemporanea, è certamente una delle ragioni che mi ha spinto ad ambientare il mio lavoro in questa delicata ed importante fase storica: è indispensabile sviluppare ed approfondire le proprie conoscenze, cosa che ho potuto fare sia documentandomi con letture e filmati dell’epoca, che intervistando persone esperte della problematica, a cominciare dall’autrice della prefazione, che ha dedicato la sua vita all’assistenza delle persone Down.


D - L’argomento del libro è molto delicato, scegliere l’approccio giusto è fondamentale, lei come ha deciso di rapportarsi ad un tema tanto complicato?


R - In premessa devo dire che non è stato facile e in un’altra intervista mi fu detto (il che vuole essere un complimento alla Link edizioni) che il mio editore aveva avuto molto coraggio a pubblicare una storia simile. Non ho esperienze personali o familiari, ma il supporto delle persone che mi hanno aiutato a ricostruire il quadro storico è stato molto prezioso nel ricercare, senza presunzione di esservi riuscito, il giusto approccio.



D - Riprendendo la sinossi del suo libro: La donna compie una scelta per quei tempi rivoluzionaria, rigettando pregiudizi ed ignoranza che circondavano all’epoca la condizione di diversità e avvia un coraggioso percorso personale di sviluppo ed educazione per la figlia, divenendo un’antesignana dei più moderni approcci a tale problematica ed un punto di riferimento per tante altre mamme di bambini “diversi”. È un argomento che solo fino a poco tempo fa veniva considerato tabù, le famiglie preferivano nascondere, quasi dimenticare i ragazzi affetti da sindrome di down, ora le cose sembrano stiano cambiando, per lei è così o c’è ancora tanta strada da fare?


R - Nella postfazione io scrivo che l’unico antidoto verso il pregiudizio è la conoscenza. Non ci possiamo nascondere che i pregiudizi esistano ancora oggi, ma la differenza forse più importante è che oggi si parla tanto, esistono istituzioni ed associazioni, per non parlare del maggior grado di istruzione e dei progressi medici. La strada da fare è tanta, ma è indubbio che si siano fatti passi da gigante e continuare su questa linea potrebbe rivelarsi, a mio modesto avviso, il modo migliore per vincere definitivamente il tabù della disabilità mentale.


D - Parliamo un po’ di tecnica di scrittura, qual è il suo metodo? Alcuni stilano scalette e schemi precisi, altri hanno tutto in mente, altri ancora aspettano solamente l’ispirazione.


R - Io in genere parto da un’idea ed immagino un finale cui voglio arrivare, però la strada per giungere a destinazione è frutto dell’invettiva e dell’ispirazione del momento; chiaramente alla fine della prima stesura è necessario intervenire più volte sul testo, vuoi per l’indispensabile attività di editing, che per dare coerenza e linearità alla storia.


D - Questo è il suo secondo libro, lei come autore, come scrittore come è cambiato?


R - Ognuno di noi, come è giusto, cambia ed evolve nel tempo; non posso dire di essere la stessa persona di quattro anni fa quando fu pubblicato il mio primo romanzo, ma non è venuta a mancare la passione, che credo sia la cosa più importante per chi voglia dedicarsi alla scrittura.


D - Il compito dell’arte, oltre a essere una questione meramente estetica dovrebbe essere anche politica, o quantomeno sociale, morale potremmo dire; pensa che il suo libro possa essere di aiuto per quelle famiglie che hanno questo tipo di problema?



R - Nella postfazione scrivo che il mio romanzo non ha dignità scientifica o professionale e per questi aspetti rimando a persone con competenze e preparazione che a me fanno difetto. Mi piacerebbe che fosse uno spunto di riflessione ed un invito a ragionare sempre con la propria testa, credendo nella potenzialità delle persone, ma non credo di potermi permettere di chiedere di più.


D - Parlare in pubblico di questi argomenti è difficile, le persone come rispondono, riesce a coinvolgerle? La scuola ha un compito difficile, ma presentare il libro anche nelle scuole può essere d’aiuto?


R - E’ verissimo, non sono argomenti facili da affrontare, ma nelle presentazioni che ho realizzato, comprese le scuole, ho riscosso sempre interesse ed attenzione per l’argomento, il che non può che farmi piacere.


D - Ora veniamo al futuro, è come abbiamo detto al suo secondo romanzo, sta già scrivendo un terzo? O si prenderà una pausa per raccogliere idee o cambierà completamente obbiettivo?


R - Esiste già un terzo romanzo, che sto affinando a poco a poco.



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